mercoledì 12 giugno 2013

ICONE / THE GREAT GATSBY, OPS FAKE




Ero preparata prima di assistere alla proiezione di Il Grande Gatsby.
Lo sapevo che avrebbe potuto deludermi. I motivi erano tanti e giustificati: le produzioni ad altissimo budget il più delle volte si focalizzano solo sugli aspetti visivi, i lucchichio degli anni '20 perfetto per soddisfare la fame di Lhurmann nel voler creare uno spettacolo solo estetico, la presentazione strategica a Cannes per offrire solo un evento mondano.


L'unica speranza era che Lhurmann rimanesse ancorato ai suoi principi di modalità narrativa attraverso il suo famoso modus operandi unico al mondo.
E invece purtroppo non è stato così. Ho assisitito ad un film ridondante di collaborazioni completamente inutili. Parliamo di costumi? Meraviglie di sartoria quali sono i vestiti usati da Prada, colori, accessori, piume, ma talmente belli da diventare loro i protagonisti al posto dei personaggi.




Parliamo di colonna sonora? Lhurmann ha sempre adorato usare brani esistenti modificandoli e attualizzandoli ma qui ho assistito all'ascolto di infinite canzoni, mescolate insieme senza dare respiro ne importanza alla singola canzone. Una fretta di buttare tutto dentro senza pensarci troppo.
Poco importa quindi, se ho percepito cantanti come JayZ, Beyonce, Lana Del Rey, Florence and The Machine, Brian Ferry, The XX, Gotye, Fergie.
A questo punto se metteva musica dell'epoca era meglio.


Parliamo di attori? Leonardo Di Caprio, povero Leonardo, e' l'unica presenza nel film che si salva, perchè ha un'anima (forse perché Jay Gatsby e' l'unico ad averne una?) ed è espressivo quanto basta per abbassare il livello di tutti gli altri. Carey Mulligan ha l'ingrato compito di essere Daisy, la stupida milionaria sempre indecisa con quel faccino da cane, annoiata e apparecchiata in ogni scena da Miuccia.
Tobey McGuire non si toglierà mai dalla faccia il nome di Peter Parker.



 Il regista australiano ha scelto il romanzo di Fiztgerald con l'illusione di raccontare una storia d'amore in costume "alla Lhurman".
Ma il post-modernismo di Romeo+Giulietta non c'é, la spontaneità di Moulin Rouge non c'é e non si ha l'impressione di essere davanti a un kolossal come per Australia. Siamo difronte alla scelta più sbagliata di Lhurman nel aver voluto scegliere di raccontare la storia di Jay Gatsby. Fiztgerald è come se ci avesse detto:"Vi racconto la storia di un uomo misterioso e autodidatta che si innamora di una donna, ma lei a voi non interessa, non sto neanche qui a raccontarvela". Lhurman ha voluto fare una storia d'amore, l'amore assoluto, l'amore disperato, l'amore di una vita. Ma lei non lo era, era solo la proiezione di Zelda Fiztgerald, sua moglie, a cui era si legato ma cosciente della disperazione della donna, annoiata, figlia di quei tempi.



Lhurman avrebbe potuto limitarsi a costruire il set per il fantascentifico party di Gatzby magari per un videoclip o una pubblicità (per Prada? Miuccia potevi pensarci no?). Perchè sappiamo che pochi altri sono riusciti a inventarsi l'illusione scenica della festa più figa del mondo come lui in questo film.
Chi l'ha visto non ha pensato un secondo di desiderare di essere la?






Nessun commento:

Posta un commento