Cari Piumati,
innanzi tutto buon anno nuovo. Che sia migliore del precedente e pieno di nuove ed emozionanti piume per tutti noi.
Lo so, sono sparito e non mi sono fatto vivo neanche in quei giorni in cui tutti tornano al nido per raccontare aneddoti e brindare come pulcini sinceri con chi si conosce da più tempo. Il fatto è che io sono un po' così, cambio come il vento e a dire molte cose preferisco tacerne tante di più. Non vi ho parlato come avreste meritato, uccellacci miei, dei passerotti innamorati di Wes Anderson, di un corvo anziano e necessario come l'ultimo 007, di un Hobbit paffuto come un Dodo e di chissà quante altre penne da schermo ancora ma vi saluto oggi con qualcosa di completamente diverso e necessario. Spero mi perdonerete così.
Oggi, 8 Gennaio 2013 è il sessantaseiesimo compleanno di David Bowie. Ok direte voi, tanti auguri al più bel gufo che si sia mai visto e anche a tutti i suoi piumatissimi alterego. E qui Vi sbagliate, carissimi miei. La festa la fa a sorpresa il festeggiato che a beffarci ci è sempre riuscito e rilascia oggi Where Are We Now?, singolo che anticipa il nuovo album in uscita a Marzo.
(dalla Press Photo per The Day After, questo il titolo scelto per il nuovo album. David Bowie, oggi)
Va aggiunto però che Bowie ha scelto di tornare a Berlino.
Per chiunque tra voi pennuti avesse scelto la Luna come meta della migrazione invernale negli ultimi trent'anni dico solo che Bowie ha realizzato lì, a Berlino, alcune delle sue opere più significative in quel periodo del suo volo artistico che è stato il passaggio a Nord Ovest dal ruolo ormai stretto di Ziggy Stardust, fantastica ma troppo glam cocorita, all'artista completo che noi ora conosciamo. Sul finire degli anni '70. E tutto questo anche grazie a quella misteriosa e distante aquila calva di Brian Eno.
Il richiamo al suo periodo berlinese pare tanto intimo e sincero da conferire al primo estratto di un album così significativo e aspettato una caratura di magia. Ok, direte, ecco Corvaldo che non riesce a trattenersi e si esalta per il ritorno di un suo mito. Bene. Vi dirò che avete ragione in parte. Sul fatto che io non riesca a trattenermi non ci piove, vangelo, sicuro! Sul fatto che David Bowie sia un mio mito ho qualche incertezza in più e sapete perché? Perché l'aggettivo "mio" esclude qualcuno di voi e questo non va bene, ecco! David Bowie è uno dei motivi, è uno di quei capisaldi per i quali tutti noi ora siamo qui, Cornacchie o no, designer come cinefili e storici, icononauti come fotografi e immaginifici, tutti noi che ci facciamo due domande sui colori e le forme delle nuvole. Il suo percorso artistico, la sua ricerca, la sua inesauribile emergenza di sperimentare e genialmente anticipare i tempi ci fa necessariamente suoi adepti e inserisce nella sua nidiata. Se non ci fosse stato Bowie non ci sarebbe stato molto di Andy Warhol, del POP e di tutto il postmoderno nel quale ci troviamo a sguazzare ora noi che possiamo essere hipster, emo, dark, punk o uno spennato Corvaldo. Tanto lui lo è stato prima e meglio, comunque.
Mi scuso, non volevo fare un apologia di David Bowie: non ne ho i mezzi e le mie piume sono ancora infreddolite dall'inutilizzo per i troppi mesi di letargo. Quello che vi chiedo di notare, di provare a percepire, è la sincerità di un'artista che non ha più niente da chiedere al mondo dell'Arte in quanto ne è già enorme parte - e secondo me leggenda - vivente ma che torna, partendo di nuovo da Berlino in un momento di grande confusione per tutti noi. Berlino aveva significato per Bowie una nuova stagione più colta e tecnologica rispetto al delirio della fase londinese di Ziggy Stardust. A Berlino aveva imparato e scelto altre strade, altri interni su giardini d'inverno e altre passeggiate per le strade di una città che non ha tempo se non il futuro e all'inizio degli anni '80 doveva sembrare pura potenza che aspettava di divenire atto.
(copertina di "Heroes", capolavoro berlinese del 1977)
L'Arte deve guidarci e questo sembra ben dire il singolo che da stamattina è disponibile un po' dappertutto. Bowie si chiede dove siamo adesso, a che punto siamo della rotta, quanto manca ad arrivare a una meta, a quel futuro che tanto sentiva e vedeva arrivare allora. Ripercorre le strade e le piazze, i passaggi e quei giardini che ha incontrato a Berlino e poi rincasa dove, commovente e commosso, in quelle immagini del video in cui appare in primo piano si mostra uomo, non più simbolo o icona. A man lost in time, si definisce, un uomo che guarda allo studio d'artista, metafora di tutta la strada percorsa e di tutto quello creato, che guarda alle marionette di Tony Oursler in cui spesso l'arte trasforma i propri adepti e figliocci. Dov'è Berlino adesso, pare chiedersi Bowie? Che fine ha fatto il futuro?
La scelta di tempo di David Bowie è ancora una volta meravigliosamente anticipatrice e veritiera, richiamo per noi uccellini di piccola taglia che ci chiediamo dove andare. Ci dice che dobbiamo continuare ad andare avanti e che quando saremo lì lo sapremo, nel perfetto istante in cui accadrà. Ma sarà già ora di ripartire di nuovo, portando con noi ciò che è necessario: il sole, la pioggia, noi stessi e quel qualcuno che può capire. Verso Berlino, ancora e ancora, simbolo di tutti noi. A bruciare futuro senza sosta come solo chi si domanda dei colori e delle forme delle nuvole sa e deve fare.
Buon compleanno David e sempre mai abbastanza grazie di tutto!
A presto dal trespolo di casa sua,
il Vostro più sincero e affezionato corvaldo
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